Oggi Internet offre l’opportunità di raccogliere e analizzare dati con un livello di precisione e di dettaglio assoluti.
I dati “analitici”
Alle indagini di mercato e agli studi di settore, gli strumenti classici di analisi, accessibili solitamente, per motivi essenzialmente economici, alle grandi aziende si è aggiunta la possibilità di rilevare e processare in proprio dati riguardanti gli utenti di siti e canali social.
Le informazioni che si ottengono possono essere sfruttate per migliorare la comunicazione, perfezionare le strategie di web marketing, adeguare l’offerta alle preferenze dei consumatori, migliorare la gestione delle relazioni post-vendita e molto altro.
Implementare strumenti di monitoraggio e tracciamento del traffico internet per le PMI, non richiede investimenti rilevanti.
Richiede la capacità di estrarre i dati giusti, nel mare magnum di indici, filtri e parametri e di interpretarli correttamente.
Come interpretare i dati
Un valore in sé non è né “buono”, né “cattivo”.
Cosa rappresenta, nella nostra strategia, va interpretato, in relazione, per esempio, al contesto del mercato, e agli obiettivi che ci siamo dati.
La raccolta di dati e statistiche sul traffico web, in ogni caso, risponde a queste esigenze:
- Monitorare gli accessi al sito e analizzare le visite degli utenti (web analytics);
- Analisi on-site. Misura il numero e il comportamento dei visitatori, analizza l’interazione con il brand, interpreta le risposte alle strategie di marketing;
- Analisi off-site. Si focalizza sul traffico internet esterno al sito. Misura l’audience potenziale e le opportunità offerte dal mercato online.
- Analizzare il traffico generato dai canali social (social analytics);
- Realizzare un’analisi del sentiment e della reputazione online (market sentiment e brand reputation)
L’ombra del dubbio
Ma poi, all’improvviso, proprio mentre scrivi un articolo, leggi l’ “esatto contrario” della tesi che stai provando a dimostrare.
Un articolo segnalato dall’interessantissima newsletter di www.skande.com.
Un articolo a firma Samuel Scott sul magazine economico The Drum che lanciava una provocazione supportata da innumerevoli prove.
In pratica, l’autore si è chiesto: “E se tutto ciò che riguarda Internet fosse falso?”.
“L’industria del marketing aveva così tante aspettative nel mondo digitale. Ad esempio, che tutto sarebbe stato reale, misurabile e tracciabile. Ma, nel tempo, tante di quelle aspettative si sono rivelate fallaci. Gran parte di ciò che vediamo online si è rivelato completamente falso”.
L’analisi di Samuel parte da Google Analytics, che misura solo ciò che può ottenere. Ad esempio il 22% delle visite non viene registrato a causa degli AdBlocker. Non solo. È molto semplice manipolare i dati di Google Analytics attraverso l’utilizzo di Bot. In pratica, chiunque può dimostrare di portare risultati dove non ci sono.
L’analisi, molto dettagliata, prende in esame tutte le maggiori piattaforme che oggi compongono Internet. Ad esempio si possono ottenere 5.000 visualizzazioni di un video su YouTube al modico prezzo di 15 dollari. Le recensioni false di Amazon realizzate ad arte per spingere o meno un prodotto.
Su Twitter e Instagram si stende un velo pietoso per la facilità con cui chiunque può manipolare like, follow e view. Facebook avrebbe “gonfiato” le metriche delle visualizzazioni dei video del 900% e ora è oggetto di una causa legale al tribunale di Oakland e molto altro.
Quello che ci fa pensare, al netto dei numeri che tanto amano mostrare editori, blogger e influencer, è che se sono le piattaforme stesse, per prime, a non essere trasparenti, tentando di convincere con numeri fasulli investitori e utenti, non possiamo aspettarci che si facciano garanti della qualità del servizio erogato. Le prime a cui fa comodo la narrazione fatta su utenti che da essere nessuno diventano delle webstar sono proprio le piattaforme; è utile alla loro immagine ed è propedeutica a innescare lo spirito di emulazione e l’illusione in chi arriva dopo.
Come comportarsi in questa situazione?
Come quasi sempre succede, la verità sta nel mezzo.
Le statistiche sono fondamentali, ma non sono un oracolo.
Analizzare i dati è fondamentale.
Credeteci, almeno il 70-80% dei clienti nuovi che incontriamo non ha gli accessi a Google Analytics, non sa se è installato il codice per il tracciamento delle visite o ha in mano dei report che snocciolano dati, senza fornire indicazioni utili su quali strategie attuare per crescere.
Il punto fondamentale, nell’analisi dei dati è che l’obiettivo non è battere record, non è neccessario per forza snocciolare numeri clamorosi, i dati non devono essere trionfali a tutti i costi.
I dati sono dati. Se ho la febbre mi curo, per abbassare la temperatura. Non è che ho sbagliato tutto e quindi parto dal presupposto che:
- i termometri non funzionano, non servono a nulla; non mi sono mai misurato la febbre in vita mia! A cosa servono?
- ho preso l’influenza. È la fine, non riuscirò più a guarire.
- ok lo ammetto… forse una probabilità di guarire c’è. Ma quanto mi costa! E perché devo stare a letto così tanti giorni. Quanto tempo prezioso!
Perché è esattamente questo, fuor di metafora, l’atteggiamento nei confronti delle strategie web, in relazione all’analisi dei dati.
Il fattore tempo è fondamentale, così come lo è il “learning by doing”, cioè il correggere le strategie, analizzando, via via, ciò che succede.
Senza dimenticare che…
I risultati delle nostre azioni sul web, sono sempre e solo, necessariamewnte le vendite?
Ne parliamo qui: https://www.livingstonweb.it/misura-risultati-comunicazione/
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