Siamo tornati.
Inizia un nuovo anno. L’inizio dell’anno nuovo, non è il primo gennaio, ma, soprattutto (crediamo) per chi svolge un lavoro legato alla creatività, è settembre il momento dei propositi, delle idee, dei progetti.
In un bellissimo post letto su Facebook si parla di un libro, che si chiama “Brevemente risplendiamo sulla terra”, di Ocean Vuong, autore nato in Vietnam ma cresciuto negli USA.
C’è un passaggio davvero forte, nel libro, che viene citato nello stesso post: “Ti chiedi mai se la tristezza e la felicità possono essere combinate fino a creare una sensazione viola profondo, non buono, non cattivo, ma memorabile e degno di nota, solo perché così non sei costretta a stare solo da una parte o dall’altra?”
Quasi sicuramente è sbagliato pensare che possa esistere una felicità assoluta. È normale porsi delle domande o essere travolti dal dubbio.
Torniamo alla “solita” vita, al “solito” lavoro?
E… Siamo contenti? Va bene così? Siamo soddisfatti di quello che facciamo?
Ritorno a casa, in greco nóstos, è alla base della parola Nostalgia, che, letteralmente è il dolore del ritorno (àlgos, la seconda parte della parola italiana, in greco significa dolore).
Nella letteratura, la storia che meglio rappresenta le molteplici valenze della parola è senza dubbio l’Odissea. Nóstos non è unicamente il “ritorno”, ma anche il viaggio stesso.
Il ritorno non è un approdo definitivo, ma è una tappa del viaggio.
Quando ci rimettiamo in cammino, non siamo costretti a tenere tutto. Ci si può liberare di pesanti fardelli, che si rivelano superflui. E si può iniziare con un progetto nuovo (anche piccolo) da portare avanti.
Se siamo capaci di lasciare spazio alle cose belle, poi ci accorgeremo che diventeranno anche utili.
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